“Aver i gransi in scarsèa”, o “marmeòto”. Ma anche “queo che riva man sgorlando” o “maràntega”. Non c’è niente di più politicamente scorretto di un dialetto. E non c’è dialetto più politicamente scorretto di quelli veneti.
Lo dimostra «L’Insultario veneto-italiano», un prontuario che contiene offese, imprecazioni, battute inopportune e modi di dire poco cortesi da tenere sempre a portata di tasca.
Pubblicato da Editoriale Programma e curato da Marialetizia Pivato, questo piccolo dizionario becero riprende un’idea di Walter Basso (già autore del celebre Dizionario da scarsèa veneto-italiano), proponendo oltre 750 lemmi dalla A alla Z, tradotti e parafrasati in italiano, per comprendere appieno il significato di determinate espressioni, da baùco a tèsta da bàtar pai.
Serve anche ai veneti e forse specialmente ai veneti per ritrovare la verve, la spigliatezza che i vari diletti regionali possiedono. Ogni dialetto è capace infatti di esprimere alcuni concetti salienti con grande semplicità e incisività, mediante singoli termini oppure rapide perifrasi, senza i limiti retorici imposti dall’italiano. Insomma: l’ideale per rispondere a tono in modo spiazzante.
Ma un libro che secondo l’autrice è nato anche perché «l’offesa, la maledizione, il mandare creativamente a quel paese è parte fondamentale della cultura e della lingua veneta, sia quando si tratta di farlo in maniera bonaria, sia che il contesto esiga la dovuta serietà».
La cosa sicura, dopo aver letto “L’Insultario” è che il dialetto veneto è a tutti gli effetti una lingua più viva che mai, in grado di descrivere non soltanto un mondo passato (da cui certamente derivano tantissimi modi di dire), ma capace anche di adattarsi alla contemporaneità e raccontare il mondo attuale, attraverso termini che nel corso degli anni sono stati utilizzati per descrivere nuovi contesti e sono diventati quasi una sorta di slang anche per i più giovani, strappando di tanto in tanto anche qualche risata.
Fonte : Il Mattino