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Economia, Interventi E Misure Per La Crescita Dell’italia Meridionale



Situazione economica attuale

Quando si parla di economia dell’Italia meridionale, non si può non soffermarsi sui divari che da lunghi anni hanno allontanato queste regioni con le altre aree del nostro Paese. Da tanti anni i nodi da sciogliere sono sempre gli stessi: criminalità, burocrazia, carenze infrastrutturali, disoccupazione, tutti temi ricorrenti che si sono acuiti negli ultimi 25 anni. Per cercare di risollevare l’economia meridionale servono sicuramente investimenti ad hoc per cercare di recuperare il terreno perduto. Secondo una ricerca dell’Ufficio Studi di Confcommercio, presentata durante l’evento a Bari “Il Pnrr e il Mezzogiorno che verrà“, il tasso di variazione del Pil dal 1996 al 2019 delle macro ripartizioni Nord Sud presenta uno scarto di quasi 17 punti percentuali. Sono tre i fattori che hanno portato a questo dislivello: produttività del lavoro, che varia di quasi il 10% al Nord contro il 6,2% al Sud, il tasso di occupazione (-0,8% nel Mezzogiorno e +0,3% al Nord) e la questione demografica, la causa principale dell’accumulato ritardo nelle aree meridionali. Mentre infatti nelle zone più Settentrionali gli abitanti crescono del 9,3%, al Sud scendono del 2%. 

Progetti e investimenti statali per il Sud

Tra gli investimenti statali per aiutare le imprese del Mezzogiorno, troviamo Resto al Sud, l’agevolazione fiscale che incoraggia allo sviluppo di nuove imprese e sostiene quelle già esistenti con sede nel meridione, soprattutto quelle dei più giovani. I fondi sono gestiti da Invitalia ed è rivolto agli imprenditori di età compresa tra i 18 e i 55 anni. Le risorse stanziate ammontano a un miliardo e 250 milioni di euro.

Per agevolare gli investimenti delle micro e piccole imprese del Sud, il governo ha messo in campo la “Nuova Sabatini Sud”, che ha aumentato il conto impianti al 5,5%. Sono stati stanziati 60 milioni di euro per gli investimenti 4.0 fino al 2025 (come previsto dall’articolo 1, comma 226, della legge n.160 del 2019). 

Con la legge di stabilità del 2016, è stato messo in campo dal governo un credito di imposta a favore delle imprese che acquistano beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo). Il credito massimo è del 20% per le piccole imprese, del 15 per le medie e del 10% per le grandi. Nel decreto legge n. 243 sono state introdotte le seguenti modifiche: l’agevolazione è stata estesa anche alla Sardegna, è stato previsto un innalzamento delle aliquote del credito e un aumento dell’ammontare massimo agevolabile per ciascun progetto di investimento. Inoltre è stato introdotta la possibilità di cumulare il credito con altri aiuti di Stato e gli aiuti de minimis (nei limiti consentiti dalla normativa europea).

Con l’articolo 18 quater del decreto legge n. 8 del 2017 anche le aziende nei Comuni delle Regioni Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpiti dagli eventi sismici succedutisi dal 24 agosto 2016 potranno richiedere il credito nella misura del 25% per le grandi imprese, del 355 per le medie e del 45% per le piccole.

Con l’articolo 5 deldecreto legge n. 91 del 2017 in relazione agli investimenti effettuati nelle zone economiche speciali (ZES), il credito è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento elevato a 100 milioni di euro dall’articolo 57, comma 1, lett. b), n. 4, deldecreto legge 31 maggio 2021, n. 77.

Inoltre, con l’articolo 1, commi da 61 a 65-bis, dellalegge n. 205 del 2017, sono state previsti dei benefici fiscali e altre agevolazioni e semplificazioni in favore delle imprese, già esistenti e di nuova istituzione, che operano nelle Zone Logistiche Semplificate (ZLS)

Per il 2022, l’Agenzia delle entrate, in un provvedimento del 30 giugno scorso (testo integrale al seguente link pdf), ha definito le modalità di presentazione della comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei comuni del sisma del Centro-Italia, nelle Zone Economiche Speciali (ZES) e nelle Zone Logistiche Semplificate (ZLS). Il primo giugno 2023 è stato approvato il nuovo modello di comunicazione per la fruizione dei crediti d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno nelle ZES e nelle ZLS, con le modalità (qui il testo in pdf) e i termini di presentazione (qui le istruzioni in pdf). 

Fondi per il Mezzogiorno

Nel 2021 sono stati progettati numerosi investimenti per aiutare le economie del Sud Italia. Tutti i fondi stanziati dal governo saranno ovviamente aggiuntivi alle risorse assegnate ogni anno dal bilancio dello Stato agli investimenti del Meridione, che per legge non possono essere inferiori al 34% di quanto stanziato a livello nazionale. Vediamo nel dettaglio tutte le risorse.

Il Pnrr, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Approvato nel 2021 sia in Italia che dalla Commissione europea, il Piano nazionale di ripresa e resilienza è il documento che il governo ha predisposto per il rilancio dell’economia, stremata per colpa dell’emergenza sanitaria. Per l’Italia sono stati stanziati 191,5 miliardi, più ulteriori 30,6 di risorse statali del Fondo complementare. Al Sud andrà il 40% dei fondi territorializzabili (riferiti a progetti inerenti a regioni specifiche), quindi circa 82 miliardi su un totale di 206. Il premier Draghi ha anche annunciato l’arrivo di altri 9,4 miliardi da aggiungere al Fondo complementare per la linea ferroviaria ad alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria.

React-EU

Fa parte del pacchetto Next Generation EU ed è il secondo pacchetto di aiuti più consistente: 50,6 miliardi di euro. Per l’Italia sono stati destinati 14,4 miliardi, la quota maggiore, e di questi circa 9 miliardi saranno investiti per il Sud. Queste risorse si andranno a sommare con quelle già previste nel ciclo della politica di coesione europea 2014-2020 e saranno stanziate nel 2021 e nel 2022 per i progetti da realizzare entro e non oltre il 2023. Il 9 aprile 2021 la ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, ha firmato e inviato a Bruxelles la proposta dell’Italia per l’utilizzo dei fondi del React-EU. La Commissione europea ha approvato e finanziato il programma il 4 ottobre dello stesso anno, per un totale di 11,303 miliardi di euro. Per gli investimenti in programma del 2022 i fondi sono stati ampliati, sempre per volere della Commissione, arrivando a quota 3,084 miliardi di euro. In totale le risorse di React-Eu per il Mezzogiorno sono di 9,449 miliardi di euro.

Just Transition Fund

Anche questo contenuto nel progetto Next Generation EU, è però rivolto alla transizione ecologica degli Stati membri. All’Italia sono stati destinati 1,2 miliardi che saranno utilizzati per la riconversione dello stabilimento ex Ilva di Taranto e per la riqualificazione della regione sudoccidentale della Sardegna (Sulcis).

Fondo di sviluppo e coesione (Fsc)

Come tutti gli altri fondi sopra citati, Fsc finanzia progetti che hanno come fine ultimo la coesione economica, sociale e territoriale del Paese, eliminando tutti gli squilibri tra Nord e Sud. La Legge di Bilancio dello scorso anno ha assegnato al Fondo 50 miliardi di euro tra il 2021 e il 2030, ai quali saranno aggiunti altri 23,5 con la Legge di Bilancio di quest’anno. Di questi, l’80% andrà al Mezzogiorno, circa 58 miliardi. Inoltre a queste risorse vanno sommati altri 24 miliardi che fanno parte del ciclo 2014-2020, ma che non sono stati ancora spesi dalle amministrazioni competenti.

Fondi strutturali e di investimento europeo

Finanziati dal bilancio dell’UE, i Fondi strutturali e di investimento europeo sono il principale strumento per la coesione europea. Sono organizzati a cicli settennali e per il periodo compreso tra il 2021 e il 2017 all’Italia sono stati assegnati circa 42 miliardi più altri 40 di cofinanziamento nazionale e regionale. Per il meridione sono stati stanziati 54,23 miliardi.

Le risorse sono divise in cinque fondi:

  • Fondo Sociale europeo (Fse);
  • Fondo di Coesione (per gli Stati membri meno sviluppati);
  • Fondo europeo agricolo per lo Sviluppo rurale (Feasr);
  • Fondo europeo per gli Affari marittimi e la pesca (Feamp).

Le indagini sul Mezzogiorno di Confcommercio

I divari sia in termini economici che demografici del Mezzogiorno italiano rispetto al resto del Paese, sono da sempre oggetto di studio e riflessione da parte di Confcommercio. A settembre 2021, ad esempio, l’Ufficio Studi ha realizzato un focus sull’economia e l’occupazione al Sud dal 1995 al 2020, soffermandosi sui temi ricorrenti che da sempre penalizzano queste regioni come burocrazia, illegalità, minore qualità del capitale umano. In una precedente analisi era invece emerso un altro grande problema che da anni pesa sulla situazione economica del Mezzogiorno: la riduzione della popolazione giovanile residente, diminuita di oltre un milione e mezzo.

Negli ultimi 25 anni abbiamo infatti assistito ad una massiccia emigrazione dei lavoratori, soprattutto giovani (-1,6 milioni), verso zone con più possibilità occupazionali. Da qui il progressivo e inesorabile calo del Pil prodotto dal Sud, che ha aumentato ulteriormente il gap economico con le altre aree italiane. Tra il 1995 e il 2020, infatti, il peso percentuale della ricchezza prodotta nel Mezzogiorno sul totale del nostro Paese è passato dal 24 al 22%.

Il declino del Sud ha comunque radici lontane nel tempo, di tipo strutturale. Tra il ’96 e il 2007 il prodotto interno lordo era cresciuto rispetto alla media nazionale (1,2 contro l’1,5% del totale nazionale), per poi crollare durante la crisi finanziaria della seconda parte degli anni duemila, tra il 2008 e il 2019, raggiungendo uno scarto di ben sei decimi di punto. Una parentesi nera per l’economica del Mezzogiorno italiano. 

L’avvento della pandemia, però, ha avuto un impatto minore al Sud rispetto alle zone del Centro-Nord che hanno subito maggiormente il blocco delle attività produttive per contenere la diffusione del coronavirus. Il rischio, però, di un ritorno ai valori negativi pre-Covid rimane dietro l’angolo, e per questo Confcommercio ha in più di un’occasione ribadito al governo di operare scelte di politica economica coerenti con le difficoltà del Mezzogiorno. Per scongiurare questo pericolo occorre: valorizzare i punti di forza del territorio, come il turismo, una risorsa inestimabile per il Sud, e utilizzare al meglio le risorse, sia quelle statali che di derivazione europea, per migliorare il capitale umano e produttivo, investendo soprattutto sui giovani e sulle imprese locali.

Durante l’assemblea pubblica di Confcommercio Campania sulle prospettive del terziario campano tra post pandemia e crisi energetica, il direttore dell’ufficio studi Confcommercio, Mariano Bella, ha presentato un report dedicato all’economia del Sud (guarda le slide in pdf), dal quale emerge una profonda crisi demografica nel Mezzogiorno italiano, dove dal 2007 a oggi sono scomparse 800mila persone. “Fino agli anni novanta – ha commentato Bella – l’emigrazione da Sud a Nord allargava la base produttiva delle regioni italiane più ricche e produttive, oggi dal Nord stesso si emigra verso altri Paesi”. 

Due terzi del ritardo di crescita accumulato è spiegato dalla cattiva dinamica demografica del Mezzogiorno. “Con le politiche che abbiamo avuto in questi ultimi anni – ha detto ancora Bella –  tutto sommato abbiamo reagito bene sia come Paese che come società. Tutti abbiamo fatto la nostra parte: ora bisogna continuare. È importante, quindi, non deviare dal sentiero intrapreso, con il Pnrr che costituisce un solido progetto collettivo di riforme e investimenti”. 

Fonte : CONFOCOMMERCIO

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