L’Unione europea mette nel mirino la pesca a strascico. Le nuove linee europee di indirizzo a integrazione della Politica comune prevedono lo stop all’utilizzo delle reti a strascico e l’eliminazione di 90 zone di pesca. Le prime restrizioni cominceranno nel 2024. Gli step successivi prevedono una stretta intermedia nel 2017, mentre la misura sarà pienamente operativa nel 2030.
Pesca a strascico illegale secondo il piano europeo
Se gli ecologisti esultano, i pescatori piangono: la pesca a strascico è già sottoposta a stringenti restrizioni e con le nuove norme per il comparto pesca del Bel Paese si tratta del ko definitivo. Non usa mezze misure Coldiretti, che parla di “estremismo ambientalista lontano dalla logica”. Secondo una stima dell’Associazione saranno quasi tremila i pescherecci italiani che saranno messi fuori gioco dalle nuove linee europee. Coldiretti lamenta la scomparsa del “settore più produttivo della marineria nazionale, con un impatto devastante sull’economia sull’occupazione e sui consumi”.
Contro la misura Coldiretti Impresapesca ha promosso una protesta nei porti italiani invitando i pescatori a far suonare all’unisono le sirene delle imbarcazioni. La mobilitazione sarà messa in atto in tutta la giornata del 9 maggio, in cui si celebra la Giornata dell’Europa. I video della protesta saranno caricati sui social con con l’hashtag #SOS_EU_Fishing. L’obiettivo è fare in modo che l’eco della protesta giunga a Bruxelles e al Commissario alla Pesca ed all’Ambiente Virginijus Sinkevicius.
Il punto che riguarda la pesca a strascico rappresenta le maggiori criticità dal momento che, puntualizza Coldiretti Impresapesca, questa modalità operativa in non più di 130 giorni di operatività l’anno produce il 65% del pescato nazionale.
La pesca a strascico nel Mediterraneo continua
Ma le restrizioni europee prevedono un paradosso: da un lato si proibisce la pesca a strascico nelle acque territoriali dei Paesi dell’Unione. Dall’altro lato, però, si permette ai paesi extra europei che si affacciano sul Mediterraneo di esportare i loro prodotti ittici, pescati a strascico, nei mercati europei. Esportazioni che, tenendo conto della minore produzione intracomunitaria, saranno destinate ad aumentare.
Il comparto pesca paventa la scomparsa dei due terzi del pescato nazionale e lamenta inoltre la mancanza di risorse adeguate per la riconversione del settore.
Nel 2022 l’Italia ha importato, per l’acquisto in pescherie e supermercati e per il consumo nei ristoranti, oltre 1 miliardo di chili di pescato di origine straniera tra fresco e trasformato.
“Alle importazioni selvagge e alle scelte Ue si sommano anche gli effetti combinati del surriscaldamento, dei cambiamenti climatici e di una burocrazia comunitaria sempre più asfissiante, con il risultato – spiega Coldiretti Impresapesca – che nello spazio di un trentennio sono già scomparsi il 33% delle imprese e ben 18.000 posti di lavoro, con la flotta ridotta ad appena 12mila unità”.
Il pesce sintetico minaccia il comparto
Un’altra minaccia al comparto, paventa l’Associazione, arriva dalla tecnologia alimentare: “E intanto bussa già alla porta il pesce in provetta dove l’ultima deriva arriva dalla Germania con i primi bastoncini di sostanza ittica coltivati in vitro senza aver mai neppure visto il mare, mentre negli Usa con un’abile strategia di marketing si stanno buttando sul sushi in provetta”.
Altro capitolo, poi, riguarda la pesca al confine fra le acque italiane e quelle libiche, con i pescatori siciliani spesso sotto minaccia.
E se i pescatori piangono, gli agricoltori non ridono: Coldiretti lamenta la mancanza di 100mila addetti al comparto agricolo fra tecnici e stagionali. La mancanza di manodopera è una delle zavorre che affossa il settore.
Fonte : QuiFinanza