Paura degli effetti del clima, del crollo demografico, delle guerre e di un futuro in solitudine. Convinti di non contare. È la fotografia di un Paese “sonnambulo” e pieno di preoccupazioni quella scattata dal Censis per il 57esimo rapporto sulla situazione, ma anche di una società che è molto più aperta sul fronte dei diritti civili. Tanto da essere largamente a favore di Ius soli ed eutanasia. E d’accordo con le adozioni da parte delle coppie single e (anche se in misura minore) a quelle delle coppie omogenitoriali, con un risultato in netta controtendenza con quanto sostenuto dalla maggioranza che governa il Paese. E se l’anno scorso ci si era concentrati sulla “ripulsa” per le diseguaglianze, oggi l’istituto è tornato ad analizzare le ansie che caratterizzano la popolazione italiana. Si conferma, infatti, la tendenza all’invecchiamento della popolazione: nel 2040, si legge, le coppie con figli diminuiranno fino a rappresentare il 25,8% del totale. Anche per questo la “maggioranza silenziosa” si sente più fragile, a causa di quello che viene definito “disarmo identitario e politico”, tanto che il 56,0% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società. Gli intervistati si dichiarano feriti da un profondo senso di impotenza con il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) che prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi. E, infine, si sentono delusi dalla globalizzazione (il 69,3% dice ha portato all’Italia più danni che benefici) e rassegnati (l’80,1% è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino).
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I diritti – Se da una parte il Censis fotografa un Paese pieno di paure, dall’altra gli intervistati dall’istituto si mostrano molto più a favore di tutti i principali cambiamenti che riguardano i diritti. Il 70,3% degli italiani (quota che sale al 77,1% tra le donne e al 75,1% tra i giovani) approva l’adozione di figli da parte dei single. Il 54,3% è favorevole all’adozione da parte di coppie omogenitoriali. A schierarsi a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso, invece, è ben il 65,6% . Oltre al 72,5% favorevole all’introduzione dello ius soli, il 76% dice sì allo ius culturae, cioè la cittadinanza per gli stranieri nati in Italia o arrivati in Italia prima dei 12 anni che abbiano frequentato un percorso formativo nel nostro Paese. Rimane invece minoritaria la quota di italiani (il 34,4%) che approvano la gestazione per altri (Gpa). In merito al 74,0% degli italiani favorevole all’eutanasia, le percentuali sono trasversali al corpo sociale, e arrivano all’82,8% tra i giovani e al 79,2% tra i laureati.
Le paure – Centrali nell’analisi del Censis restano poi le preoccupazioni. Che sono tante e in aumento. L’84,0% degli italiani è impaurito dal clima «impazzito», il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza, per il 73,0% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre o per effetto del cambiamento climatico, il 53,1% ha paura che il colossale debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato. Il ritorno della guerra ha suscitato nuovi allarmi: il 59,9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia, per il 59,2% il nostro Paese non è in grado di proteggersi da attacchi terroristici di stampo jihadista, il 49,9% è convinto che l’Italia non sarebbe capace di difendersi militarmente se aggredita da un Paese nemico, per il 38,2% nella società sta crescendo l’avversione verso gli ebrei. Anche il welfare del futuro instilla nell’immaginario collettivo grandi preoccupazioni: il 73,8% degli italiani ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate.
Il crollo demografico – Nel 2050, continua il rapporto, l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). Si prevede una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni (in particolare, -3,7 milioni con meno di 35 anni) e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre (in particolare, +1,6 milioni con 85 anni e oltre). Gli effetti saranno anche sul mondo del lavoro: si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050. Le coppie con figli diminuiranno fino a rappresentare nel 2040 solo il 25,8%. Aumenteranno le famiglie unipersonali fino a 9,7 milioni (il 37,0%). Tra di esse, quelle costituite da anziani nel 2040 diventeranno quasi il 60% (5,6 milioni). Secondo le stime, nel 2040 il 10,3% degli anziani continuerà ad avere problemi di disabilità. Gli anziani rappresentano oggi il 24,1% della popolazione complessiva e nel 2050 saranno 4,6 milioni in più: raggiungeranno un peso del 34,5% sul totale della popolazione. Gli anziani di domani saranno sempre più senza figli e sempre più soli.
Il rapporto col lavoro – Per l’87,3% degli occupati mettere il lavoro al centro della vita è un errore. “Non è il rifiuto del lavoro in sé, ma un suo declassamento nella gerarchia dei valori esistenziali”, si legge. Il 62,1% degli italiani avverta il desiderio quotidiano di momenti da dedicare a sé stessi o che un plebiscitario 94,7% rivaluti la felicità derivante dalle piccole cose di ogni giorno, il tempo libero, gli hobby, le passioni personali. Rispetto al passato, l’81,0% degli italiani dedica molta più attenzione alla gestione dello stress e alla cura delle relazioni.
Distanze generazionali – I 18-34enni sono poco più di 10 milioni, pari al 17,5% della popolazione totale, mentre nel 2003 superavano i 13 milioni, pari al 23,0% della popolazione: in vent’anni abbiamo perso quasi 3 milioni di giovani. E le previsioni per il futuro sono fortemente negative: nel 2050 i 18-34enni saranno poco più di 8 milioni, appena il 15,2% della popolazione. I giovani sono pochi, esprimono un leggero peso demografico, quindi inesorabilmente contano poco. Ad esempio, solo l’11,1% dei 7.786 sindaci attualmente in carica (860 in tutto) ha al massimo 40 anni. E la grande maggioranza degli italiani riconosce che i giovani, in questo momento, sono la generazione più penalizzata di tutte: lo pensa il 57,3%, mentre il 30,8% considera danneggiato soprattutto chi oggi si trova nell’età di mezzo e l’11,9% pensa invece che siano lasciati indietro soprattutto gli anziani.
Italia Paese di emigrazione – Dall’Italia si continua a partire. Sono più di 5,9 milioni gli italiani attualmente residenti all’estero, pari al 10,1% dei residenti in Italia), più che di immigrazione (sono 5 milioni gli stranieri residenti nel nostro Paese, pari all’8,6% dei residenti in Italia). Gli italiani che si sono stabiliti all’estero sono aumentati del 36,7% negli ultimi dieci anni (ovvero quasi 1,6 milioni in più). A caratterizzare i flussi centrifughi più recenti è l’aumento significativo della componente giovanile. Nell’ultimo anno gli espatriati sono stati 82.014, di cui il 44,0% tra 18 e 34 anni (36.125 giovani). Con i minori al seguito delle loro famiglie (13.447) si sfiorano le 50.000 unità: il 60,4% di tutti gli espatriati nell’ultimo anno. Anche il peso dei laureati sugli expat 25-34enni è aumentato significativamente, passando dal 33,3% del 2018 al 45,7% del 2021. Un drenaggio di competenze che non è inquadrabile nello scenario di per sé positivo e auspicabile della circolazione dei talenti, considerato che il saldo migratorio dei laureati appare costantemente negativo per il nostro Paese.
Fonte : Il Fato Giatidano