(Adnkronos) – Negli Usa i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) raccomandano i nuovi vaccini anti-Covid a tutti dai 6 mesi di vita in su. Ma cosa dicono gli esperti in Italia, qual è la posizione degli studiosi?
La raccomandazione dei Cdc “conferma quello che si è detto anche in passato, ovvero che per i bambini più piccoli e per la tutta la popolazione che non rientra nelle categorie con comorbidità, un richiamo del vaccino aggiornato anti-Covid è sempre utile”, dice all’Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali (Simit) e professore di Malattie infettive all’Università Tor Vergata di Roma.
“Va ricordato che questa è una malattia fastidiosa anche nei soggetti sani e nei bambini più piccoli – continua Andreoni – essere vaccinati riduce poi il rischio di Long Covid. Quindi i Cdc hanno rilasciato una raccomandazione corretta, più popolazione è protetta e meno il virus circola colpendo magari chi è molto fragile o immunocompromesso”.
“Non sono assolutamente d’accordo” con i Cdc, commenta invece Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. “Non dobbiamo ricommettere il medesimo errore già commesso due anni fa allargando la vaccinazione a tutti da 0 a 100 anni senza nessuna distinzione. Noi dobbiamo, per quanto riguarda l’Italia perché ovviamente a me dei Cdc interessa sinceramente poco, cercare di evitare gli errori commessi nel passato”. Sui suoi ragazzi Bassetti è lapidario: “I miei figli e mia moglie non si vaccineranno”.
“Ricordo che la quarta dose è stata fatta dall’8% della popolazione da 0 a 100 anni, quindi mi pare che sia stato un fallimento totale – rimarca Bassetti – Dobbiamo proteggere una popolazione di soggetti fragili, ultrafragili e anziani, per cui io addirittura sarei dell’idea di non partire con la vaccinazione dai 60 anni in poi, ma di targetizzare i grandi anziani, cioè dai 70-75 anni in poi, più i fragili e gli ultrafragili con questo richiamo. Su queste categorie – continua – bisognerebbe riuscire ad arrivare al 100% di copertura, perché ogni persona di 70, 75, 80 anni che ha il Covid rischia di avere una forma impegnativa di malattia, di avere problemi, di dover andare in ospedale. Queste persone vanno assolutamente protette”.
“Restando sempre fedele ai sacri principi dell’immunologia, a quelle che sono le basi su cui si deve fondare una campagna di vaccinazione, io dico che vaccinare tutti dai 6 mesi in su è veramente una cosa da non accettare”, dice anche Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano.
I “sacri principi” a cui l’esperta fa riferimento, spiega all’Adnkronos Salute, sono innanzitutto “il fatto che un vaccino, come qualsiasi farmaco, deve essere ampiamente sperimentato e conosciuto anche nei suoi effetti collaterali, e ancora alcuni aspetti di questi vaccini sono da considerare e da valutare”. L’altro pilastro dell’immunologia, “importantissimo, è che un vaccino deve essere somministrato quando il rischio di un effetto collaterale, che è sempre presente per qualsiasi prodotto, non solo contro Covid-19, è significativamente inferiore al rischio di contrarre la malattia. E dai 6 mesi in avanti, sino all’età anziana – precisa Gismondo – il rischio di contrarre la patologia in forma grave è quasi inesistente. Ovviamente parliamo di individui sani” e non di fragili, puntualizza. “Quindi questo approccio” americano, “dal mio punto di vista – conclude la microbiologa – è assolutamente da rigettare”.
“Come ho sempre detto anche per l’antinfluenzale, la vaccinazione anti-Covid può e deve essere un’opportunità per tutti. La raccomandazione, però, diventa via via più stringente in funzione dell’età e comunque, al di là dell’età, in funzione della fragilità o della presenza di patologie intercorrenti. Il focus comunicativo” della campagna di richiami autunno-inverno “deve essere quindi su chi rischia di più, tant’è che per quanto mi consta si comincerà da ottantenni, fragili, operatori sanitari, e poi via via tutti gli altri”. Così all’Adnkronos Salute Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano. Tuttavia, precisa l’esperto, “ritengo che il vaccino debba essere gratuito per tutti”. Ed è necessario “ovviamente anche rilanciare il vaccino antinfluenzale – ribadisce – magari nella stessa seduta”.
Nuovi vaccini anti-Covid raccomandati a tutti come negli Usa? In Italia “il ministero della Salute ha fatto una scelta che è espressa nella circolare e io la sposo appieno. Sposo cioè la linea del ministero nella quale” vengono identificate precise categorie da indirizzare verso i richiami autunno-inverno “e si è anche detto che su indicazione medica si può uscire da quelle categorie, se ci sono situazioni particolari”. Non una raccomandazione generalizzata? “No, non una vaccinazione di massa”. E’ la visione di Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano e presidente del Nitag – Gruppo consultivo nazionale sulle vaccinazioni.
Che i Cdc statunitensi raccomandino a tutti gli americani dai 6 mesi di vita in su di fare il vaccino aggiornato alle varianti circolanti per la prossima stagione autunno-inverno “ci sta – dice l’esperto all’Adnkronos Salute – Il vaccino ha quel tipo di indicazione”, cioè è indicato per l’uso dai 6 mesi in su. “Poi ciascun Paese e ciascun piano vaccinale coglie” queste indicazioni “e le fa sue su certe categorie. Come da raccomandazioni ministeriali, se un bambino piccolo ha una malattia che lede il sistema immunitario è nella lista, e il fatto che ci sia il vaccino indicato per lui è positivo”. Poi, sottolinea Signorelli, “bisogna mediare costi e benefici, e l’organizzazione di questa attività di prevenzione. Il ministero ha fatto una scelta” proprio in base a una riflessione su come mettere insieme questi obiettivi “e io la sposo”, ribadisce l’igienista.
(Adnkronos) – Un tempo, per chiedergli consigli, a chiamarlo era il presidente statunitense Barack Obama: ‘chiamate Mario…’, l’invito, raccontano, rivolto dall’ex inquilino della Casa Bianca ai collaboratori. Stavolta ad alzare la ‘cornetta’ è stata Ursula von der Leyen. Mario Draghi torna in campo, la presidente della Commissione europea gli ha chiesto di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea e l’ex premier e già numero 1 della Bce non si è tirato indietro, “sempre al fianco dell’Europa per le importanti sfide che l’attendono”, confidano ambienti a lui vicini.
La proposta, motivo di prestigio per l’Italia, è stata avanzata già da giorni ma resa nota soltanto oggi, in giorni peraltro tumultuosi sulla rotta Roma-Bruxelles. Von der Leyen, riferiscono all’Adnkronos fonti vicine al dossier, ha chiesto a Draghi di approfondire “un tema di assoluto interesse comune, in un quadro geopolitico in rapida evoluzione”, accendendo un faro “su come funzionano le relazioni che governano la competitività tra paesi o tra aree a livello globale”.
Concetti che Draghi avrà modo di sviscerare nel rapporto che gli è stato chiesto di stilare, assoldando a un compito che ha acceso inevitabilmente la curiosità, mai doma, dei tanti che si domandano cosa ci sarà nel domani dell’ex premier, mai del tutto convinti di un presente e futuro da ‘nonno d’Italia’, autodefinizione dello stesso Draghi. E mentre in Italia Carlo Calenda immagina per lui un futuro a capo del prossimo Consiglio europeo, fonti vicine all’ex premier tornano ad assicurare che sì, collaborerà con una relazione ad hoc come gli è stato chiesto, ma resta non interessato a ricoprire incarichi istituzionali.
Per ora Draghi è pronto a mettersi al lavoro per tracciare il quadro sul futuro della competitività, in anni difficili e in cui il Vecchio Continente indubbiamente arranca. D’altronde si tratta di un tema molto caro a ‘Super Mario’, come dimostrano le sue ultime uscite pubbliche. Nella più recente – appena una manciata di giorni fa sulle pagine dell’Economist – Draghi, oltre a rimarcare come sarebbe deleterio tornare ai vecchi ‘paletti’ fiscali pre pandemia, ha sottolineato come servano nuove regole nell’Eurozona e più sovranità condivisa. Perché dipendere, come in passato, dalla Russia per l’energia, dalla Cina per l’export e dagli Usa per la sicurezza non è più immaginabile.
Servono dunque “ingenti investimenti in tempi brevi, tra cui la difesa, la transizione verde e la digitalizzazione”. Per farlo, occorre superare quelle regole di bilancio e quelle norme sugli aiuti di Stato che limitano la capacità dei singoli Paesi di agire in maniera indipendente. Ridefinendo – la ricetta dell’ex numero 1 della Bce – il quadro delle politiche di bilancio della Ue e i processi decisionali, attraverso regole severe, per garantire finanze statali credibili nel medio termine, ma anche abbastanza flessibili, per permettere ai governi di reagire a shock imprevisti.
‘Essere Moana’, arriva la docuserie sulla pornostar
(Adnkronos) – Sul Nove domani, 14 settembre, la docuserie su Moana Pozzi. ‘Essere Moana’ verrà trasmessa in prima tv esclusiva. Prodotta da Verve Media Company per Warner Bros Discovery, racconta la vita della pornostar, icona di bellezza, sensualità e potere che ha accompagnato la storia italiana per più di 10 anni.
Due puntate dedicate a un personaggio senza tempo, una pornostar che, da sogno erotico degli italiani, è arrivata a custodire segreti che sono stati svelati solo dopo la sua scomparsa, incarnando il potere in tutte le sue sfaccettature, un potere ampio, ottenuto attraverso la seduzione, ma anche grazie alla capacità di attivare e di curare un fitto intreccio di rapporti con la politica, con lo spettacolo, con la cultura e con l’economia.
Una carrellata di testimonianze di colleghe e colleghi, ma anche attori, scrittori, giornalisti, critici cinematografici, sociologi, tra cui Antonio Di Ciesco, marito di Moana, Eva Henger, Rocco Siffredi, Vittorio Sgarbi, Fulvio Abbate, Antonio Dipollina e Anselma Dell’Olio, solo per citarne alcuni. Un coro di voci per raccontare i tanti volti di Moana in un contesto storico ben preciso, quello degli anni ’80, l’era dell’edonismo più sfrenato e del lusso ostentato, che ha totalmente segnato un cambio di rotta nell’immagine della donna.
La docuserie racconta tutte le fasi della vita di Moana, a partire dall’appartenenza borghese della sua famiglia, passando per gli esordi nel mondo dello spettacolo fino al boom nell’industria del porno e alla morte, nel 1994, all’Ospedale Hotel de Dieu di Lione. ‘Essere Moana’ è una serie scritta da Marco Gregoretti, Marina Loi e Flavia Triggiani, per la regia di Alessandro Galluzzi, Flavia Triggiani e Marina Loi, ed è prodotta da Verve Media Company per Warner Bros.Discovery.
Fonte : Adnkronos